Con
decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare 13 ottobre 2016, n. 264 (in Gazzetta ufficiale del 15 febbraio 2017, n. 38) sono
stati adottati «Criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della
sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come
sottoprodotti e non come rifiuti».
Il ministero dell’Ambiente
con la nota del 3 marzo 2017 n. 3084, ha chiarito alcuni dubbi interpretativi sorti all’indomani dell'entrata in
vigore, il 2 marzo 2017, del suddetto D.M. 264/2016.
Il
ministero, in particolare, ha analizzato i seguenti aspetti: a) l’iscrizione
presso le Camere di Commercio da parte dei produttori e degli utilizzatori dei
sottoprodotti ai sensi dell’art. 10 del d.m. 264/2016; b) la vidimazione delle
schede tecniche di cui all’art. 5 del dm 264.
ISCRIZIONE
DEI PRODUTTORI E DEGLI UTILIZZATORI. L’art. 10 del dm 264 ha previsto
l’istituzione presso le Camere di Commercio di un apposito elenco in cui si
iscrivono, senza alcun onere, i produttori e gli utilizzatori di sottoprodotti.
Tale previsione, secondo il ministero, ha lo scopo di creare un “contenitore”
dei dati e dei riferimenti degli operatori interessati a cedere o ad utilizzare
i sottoprodotti, facilitando così lo scambio di questi materiali.
L’iscrizione,
quindi, ad avviso del ministero, non rappresenta un requisito abilitante per
produttori od utilizzatori e non influisce in alcun modo sulla qualifica di un
materiale come sottoprodotto, che è di carattere oggettivo e dipende dal
ricorrere o meno delle condizioni e dei requisiti previsti dall’art. 184 bis
del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’Ambiente).
Al
riguardo, infatti, il ministero ha chiarito che lo scopo del decreto non è
quello di innovare la disciplina sulla gestione dei sottoprodotti, quanto
piuttosto quello di indicare “alcune modalità” per agevolare la dimostrazione
della sussistenza dei requisiti prescritti dalla legge.
Si
tratta, peraltro, di “modalità indicative” che non devono essere considerate
“esaustive”, in quanto è sempre ammessa la possibilità di dimostrare con ogni
mezzo alternativo che una sostanza o un oggetto derivante da un ciclo di
produzione non è un rifiuto, ma un sottoprodotto.
Pertanto,
le previsioni e gli adempimenti contenuti nel decreto rappresentano, secondo il
ministero, un’opportunità di semplificazione per la gestione da parte degli
operatori dei materiali come sottoprodotti, ma non un limite o un vincolo per
gli stessi.
Per
quanto riguarda, invece, le modalità per procedere all’iscrizione, nella nota
del ministero viene chiarito che le Camere di Commercio sono chiamate
esclusivamente ad acquisire le domande e a riportarne i dati negli elenchi,
senza peraltro dover svolgere alcuna attività istruttoria, sotto il profilo
amministrativo.
Sul
punto viene specificato che le iscrizioni vanno presentate dal legale
rappresentate dell’impresa presso la Camera di Commercio competente, ossia
quella della Provincia in cui sono ubicati gli impianti di produzione e di
utilizzazione.
Spetta,
peraltro, alle Camere di Commercio la regolamentazione della procedura per
l’iscrizione. Sotto tale profilo si evidenzia che Unioncamere ha chiesto alla
società Ecocerved di mettere a punto una applicazione che consentirà di
procedere online all’iscrizione e alla consultazione dei relativi elenchi da
parte degli interessati. A tal fine è stato creato il sito web
www.elencosottoprodotti.it, con una apposita sezione informativa sul decreto
ministeriale e sul ruolo delle Camere di Commercio.
Il
ministero ha inoltre sottolineato che dall’iscrizione non deve derivare alcun
onere per produttori ed utilizzatori, come espressamente previsto dal comma 1
dell’art. 10 del d.m. 264 del 2016.
LA
VIDIMAZIONE. L’art. 5 del d.m. 264/2016 stabilisce che le schede tecniche,
predisposte dal produttore del sottoprodotto, devono essere numerate, vidimate
e gestite con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri
IVA.
Su
tale aspetto, la nota del ministero rileva come la formulazione contenuta nel
citato art. 5 risulti analoga a quanto previsto dall’art. 190 del D.Lgs.
152/2006, in materia di registro di carico e scarico.
Pertanto,
per la vidimazione delle schede tecniche dei sottoprodotti possono essere
utilizzate le stesse modalità già adottate per i registri relativi alla
gestione dei rifiuti. Anche in questo caso, peraltro, si tratta di una
vidimazione gratuita, senza alcun onere in capo ai privati, cui devono
provvedere le Camere di Commercio territorialmente competenti.
Al
riguardo, si ricorda che, nelle schede tecniche devono essere riportate, in
particolare, le informazioni necessarie a consentire l’identificazione dei
sottoprodotti, le loro caratteristiche e il settore o tipologia di attività
nell’ambito della quale possono essere utilizzati, nonché le tempistiche e le
modalità per il loro deposito e movimentazione (art. 5 d.m. 264/2016).
Tali
informazioni, peraltro, possono essere contenute anche in altra documentazione
(es. contratti tra produttori ed utilizzatori), purché idonea a dimostrare la
certezza dell’utilizzo e l’intenzione di non volersi disfare del materiale.
Il
Ministero dell'Ambiente ha pubblicato una nuova circolare esplicativa (prot. n. 7619 del 30/05/2017) che
fornisce altri chiarimenti.
Nella
circolare si precisa che:
Stante l’oggettiva
complessità della disciplina, di origine interna ed europea, concernente
l’utilizzazione dei sottoprodotti, e l’assenza di prassi interpretative
lungamente consolidate, per una migliore applicazione del Decreto si ritiene
utile fornire alcuni chiarimenti interpretativi, accompagnando la presente
circolare con un Allegato tecnico-giuridico, che deve essere considerato parte
integrante della medesima. A tale Allegato si rinvia, dunque, sin d’ora, per
l’approfondimento dei temi di seguito affrontati.
Come è noto, l’articolo
184-bis del d.
lgs. n. 152 del 2006, al comma 1 prevede che, al fine di
considerare i residui dei processi produttivi sottoprodotti anziché rifiuti, è
necessario dimostrare la sussistenza delle seguenti condizioni:
“a) «la sostanza o
l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte
integrante ed il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od
oggetto»;
b) «è certo che la
sostanza o l’oggetto sarà utilizzato nel corso dello stesso o di un successivo
processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi»;
c) «la sostanza o
l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento
diverso dalla normale pratica industriale»;
d) «l’ulteriore utilizzo è
legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti
i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e
dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la
salute umana»”.
Il Regolamento
n. 264 del 2016 non innova in alcun modo la disciplina
sostanziale generale del settore. Se un residuo andrà considerato sottoprodotto
o meno dipenderà, dunque, esclusivamente dalla sussistenza delle condizioni di
legge sopra richiamate. Allo stesso modo, il Decreto non contiene né un
“elenco” di materiali senz’altro qualificabili alla Ministero Ambiente:
pubblicata circolare esplicativa per l’applicazione del decreto ministeriale
relativo ai sottoprodotti stregua di sottoprodotti, né un elenco di trattamenti
ammessi sui medesimi in quanto senz’altro costituenti “normale pratica
industriale”, dovendo comunque essere rimessa la valutazione del rispetto dei
criteri indicati ad una analisi caso per caso, come anche precisato
nell’articolo 1, comma 2 del Regolamento, ai sensi del quale «i requisiti e le
condizioni richiesti per escludere un residuo di produzione dal campo di
applicazione della normativa sui rifiuti sono valutati ed accertati alla luce
del complesso delle circostanze».
Viceversa, il Decreto in
oggetto è stato pensato dall’Amministrazione, in attuazione dell’art. 184-bis,
comma 2, come strumento a disposizione di tutti i soggetti interessati
(operatori, altre Amministrazioni, organi di controllo, etc.) per agevolare la
dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa vigente
per la qualifica di un residuo di produzione come sottoprodotto anziché come
rifiuto. La sua finalità non è, dunque, quella di irrigidire la normativa
sostanziale del settore, quanto, piuttosto, quella di consentire una più sicura
applicazione di quella vigente.
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