domenica 4 giugno 2017

REQUISITI PER LA QUALIFICA DEI RESIDUI DI PRODUZIONE COME SOTTOPRODOTTI E NON COME RIFIUTI

Con decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare 13 ottobre 2016, n. 264 (in Gazzetta ufficiale del 15 febbraio 2017, n. 38) sono stati adottati «Criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti».

Il ministero dell’Ambiente con la nota del 3 marzo 2017 n. 3084, ha chiarito alcuni dubbi interpretativi sorti all’indomani dell'entrata in vigore, il 2 marzo 2017, del suddetto D.M. 264/2016.
Il ministero, in particolare, ha analizzato i seguenti aspetti: a) l’iscrizione presso le Camere di Commercio da parte dei produttori e degli utilizzatori dei sottoprodotti ai sensi dell’art. 10 del d.m. 264/2016; b) la vidimazione delle schede tecniche di cui all’art. 5 del dm 264.
ISCRIZIONE DEI PRODUTTORI E DEGLI UTILIZZATORI. L’art. 10 del dm 264 ha previsto l’istituzione presso le Camere di Commercio di un apposito elenco in cui si iscrivono, senza alcun onere, i produttori e gli utilizzatori di sottoprodotti. Tale previsione, secondo il ministero, ha lo scopo di creare un “contenitore” dei dati e dei riferimenti degli operatori interessati a cedere o ad utilizzare i sottoprodotti, facilitando così lo scambio di questi materiali.
L’iscrizione, quindi, ad avviso del ministero, non rappresenta un requisito abilitante per produttori od utilizzatori e non influisce in alcun modo sulla qualifica di un materiale come sottoprodotto, che è di carattere oggettivo e dipende dal ricorrere o meno delle condizioni e dei requisiti previsti dall’art. 184 bis del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’Ambiente).
Al riguardo, infatti, il ministero ha chiarito che lo scopo del decreto non è quello di innovare la disciplina sulla gestione dei sottoprodotti, quanto piuttosto quello di indicare “alcune modalità” per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti prescritti dalla legge.
Si tratta, peraltro, di “modalità indicative” che non devono essere considerate “esaustive”, in quanto è sempre ammessa la possibilità di dimostrare con ogni mezzo alternativo che una sostanza o un oggetto derivante da un ciclo di produzione non è un rifiuto, ma un sottoprodotto.
Pertanto, le previsioni e gli adempimenti contenuti nel decreto rappresentano, secondo il ministero, un’opportunità di semplificazione per la gestione da parte degli operatori dei materiali come sottoprodotti, ma non un limite o un vincolo per gli stessi.
Per quanto riguarda, invece, le modalità per procedere all’iscrizione, nella nota del ministero viene chiarito che le Camere di Commercio sono chiamate esclusivamente ad acquisire le domande e a riportarne i dati negli elenchi, senza peraltro dover svolgere alcuna attività istruttoria, sotto il profilo amministrativo.
Sul punto viene specificato che le iscrizioni vanno presentate dal legale rappresentate dell’impresa presso la Camera di Commercio competente, ossia quella della Provincia in cui sono ubicati gli impianti di produzione e di utilizzazione.
Spetta, peraltro, alle Camere di Commercio la regolamentazione della procedura per l’iscrizione. Sotto tale profilo si evidenzia che Unioncamere ha chiesto alla società Ecocerved di mettere a punto una applicazione che consentirà di procedere online all’iscrizione e alla consultazione dei relativi elenchi da parte degli interessati. A tal fine è stato creato il sito web www.elencosottoprodotti.it, con una apposita sezione informativa sul decreto ministeriale e sul ruolo delle Camere di Commercio.
Il ministero ha inoltre sottolineato che dall’iscrizione non deve derivare alcun onere per produttori ed utilizzatori, come espressamente previsto dal comma 1 dell’art. 10 del d.m. 264 del 2016.
LA VIDIMAZIONE. L’art. 5 del d.m. 264/2016 stabilisce che le schede tecniche, predisposte dal produttore del sottoprodotto, devono essere numerate, vidimate e gestite con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA.
Su tale aspetto, la nota del ministero rileva come la formulazione contenuta nel citato art. 5 risulti analoga a quanto previsto dall’art. 190 del D.Lgs. 152/2006, in materia di registro di carico e scarico.
Pertanto, per la vidimazione delle schede tecniche dei sottoprodotti possono essere utilizzate le stesse modalità già adottate per i registri relativi alla gestione dei rifiuti. Anche in questo caso, peraltro, si tratta di una vidimazione gratuita, senza alcun onere in capo ai privati, cui devono provvedere le Camere di Commercio territorialmente competenti.
Al riguardo, si ricorda che, nelle schede tecniche devono essere riportate, in particolare, le informazioni necessarie a consentire l’identificazione dei sottoprodotti, le loro caratteristiche e il settore o tipologia di attività nell’ambito della quale possono essere utilizzati, nonché le tempistiche e le modalità per il loro deposito e movimentazione (art. 5 d.m. 264/2016).
Tali informazioni, peraltro, possono essere contenute anche in altra documentazione (es. contratti tra produttori ed utilizzatori), purché idonea a dimostrare la certezza dell’utilizzo e l’intenzione di non volersi disfare del materiale.

Il Ministero dell'Ambiente ha pubblicato una nuova circolare esplicativa (prot. n. 7619 del 30/05/2017) che fornisce altri chiarimenti.
Nella circolare si precisa che:
Stante l’oggettiva complessità della disciplina, di origine interna ed europea, concernente l’utilizzazione dei sottoprodotti, e l’assenza di prassi interpretative lungamente consolidate, per una migliore applicazione del Decreto si ritiene utile fornire alcuni chiarimenti interpretativi, accompagnando la presente circolare con un Allegato tecnico-giuridico, che deve essere considerato parte integrante della medesima. A tale Allegato si rinvia, dunque, sin d’ora, per l’approfondimento dei temi di seguito affrontati.
Come è noto, l’articolo 184-bis del d. lgs. n. 152 del 2006, al comma 1 prevede che, al fine di considerare i residui dei processi produttivi sottoprodotti anziché rifiuti, è necessario dimostrare la sussistenza delle seguenti condizioni:
“a) «la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante ed il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto»;
b) «è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi»;
c) «la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale»;
d) «l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana»”.
Il Regolamento n. 264 del 2016 non innova in alcun modo la disciplina sostanziale generale del settore. Se un residuo andrà considerato sottoprodotto o meno dipenderà, dunque, esclusivamente dalla sussistenza delle condizioni di legge sopra richiamate. Allo stesso modo, il Decreto non contiene né un “elenco” di materiali senz’altro qualificabili alla  Ministero Ambiente: pubblicata circolare esplicativa per l’applicazione del decreto ministeriale relativo ai sottoprodotti stregua di sottoprodotti, né un elenco di trattamenti ammessi sui medesimi in quanto senz’altro costituenti “normale pratica industriale”, dovendo comunque essere rimessa la valutazione del rispetto dei criteri indicati ad una analisi caso per caso, come anche precisato nell’articolo 1, comma 2 del Regolamento, ai sensi del quale «i requisiti e le condizioni richiesti per escludere un residuo di produzione dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti sono valutati ed accertati alla luce del complesso delle circostanze».

Viceversa, il Decreto in oggetto è stato pensato dall’Amministrazione, in attuazione dell’art. 184-bis, comma 2, come strumento a disposizione di tutti i soggetti interessati (operatori, altre Amministrazioni, organi di controllo, etc.) per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa vigente per la qualifica di un residuo di produzione come sottoprodotto anziché come rifiuto. La sua finalità non è, dunque, quella di irrigidire la normativa sostanziale del settore, quanto, piuttosto, quella di consentire una più sicura applicazione di quella vigente.

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